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Storia del Museo

"Quando Enzio Julitta incominciò a far conoscere la sua attività di scrittore, aveva già iniziato la raccolta di oggetti e cose che riguardavano la vita, le attività casalinghe, rurali ed artigianali della vecchia Oleggio.
Gli oggetti raccolti, uniti a quelli che già esistevano nella sua casa, formarono una interessante e consistente raccolta.
Oltre a questa raccolta Julitta si occupò vivamente del dialetto oleggese. In alcuni quaderni scrisse i vocaboli, le espressioni, i proverbi e … usati in tempo ormai lontano.
Oggetti presenti nel museo
Dopo la morte di Julitta tutto questo materiale passò a Rina Palestrini, sua fidanzata”.

Così in alcuni appunti manoscritti e non firmati, ma datati 1978, sono tracciate le “origini del Museo Oleggese”; sono appunti conservati in copia nel registro dei verbali del Museo civico etnografico oleggese.
La memoria consiste in tre pagine fitte di informazioni, conclusa da due righe scritte con grafia differente, forse da Carlo Giacomo Fanchini.

Il racconto continua ricordando che Rina Palestrini continuò l’opera di raccolta delle “vecchie cose” e che l’occasione per la loro valorizzazione si presentò in seguito all’istituzione della Biblioteca comunale nel 1965.
E’ citata la collaborazione del Cavalier Borrini, e quella dei primi impiegati della biblioteca civica.

Ripercorrere le vicende del Museo civico etnografico e del suo nucleo originario, aperto al pubblico il 10 ottobre 1974, significa rimandare all’ambiente culturale oleggese degli anni 60 e 70.

I documenti ufficiali scandiscono la prima attività del museo, dal 1967 al 1973, e riflettono il lungo e paziente intreccio di programmazione e di dedizione di Carlo Giacomo Fanchini che, istituendo tale Museo, ha saputo interpretare il desiderio degli oleggesi di voler conservare la memoria, quindi di documentare gli aspetti molteplici e irripetibili di una età e di una realtà che stava scomparendo in modo definitivo.

La volontà di istituire un museo non era un’idea nuova ad Oleggio: risale almeno al 1937, documentata nell’archivio parrocchiale locale, per iniziativa della Famiglia Negri da Oleggio, ma non ebbe buoni esiti.

Carlo Giacomo Fanchini ne era consapevole ed era stata proprio la conoscenza della precedente esperienza che lo fece particolarmente cauto, ma determinato nel conseguire il suo progetto.

Non è un caso che un rappresentante della famiglia Negri da Oleggio sia presente all’apertura della Biblioteca civica, al quale ente provvede con donazione di libri e opere pittoriche.
Antica macchina fotograficaCome pure troviamo quale membro della Biblioteca la signorina Caterina Palestrini, maestra elementare e amica del cuore di Enzio Julitta, cultore di storia oleggese, al quale è intitolata la biblioteca cittadina.

L’intenzione di istituire il primo nucleo del Museo civico oleggese è documentata nella seduta del giorno 8 aprile 1967, nel verbale sottoscritto dal Presidente della Biblioteca civica, Carlo Giacomo Fanchini e dal Segretario Dario Crola: “Il presidente, partecipa ai signori consiglieri il recupero del materiale da museo se il fotografo signor Zecchinato, a tal proposito interpellato, manterrà la promessa fatta relativa al dono di macchine fotografiche ora in disuso”.
L’avvio della raccolta del materiale per il museo è sollevato anche nella seconda seduta del consiglio di Biblioteca, svoltosi il 27 luglio 1967:…”viene partecipato che non appena saranno sistemati adeguatamente i locali, si inizierà la raccolta di materiale da museo e, il cav. Fanchini invita tutti a fare da portavoce affinchè i cittadini oleggesi donino quanto di antico e di caratteristico posseggano”.

La presenza di Rina Palestrini nel Consiglio della Biblioteca è la conferma del vivo interesse che anima l’iniziativa e che definisce il clima culturale oleggese, attento soprattutto alla formazione dei giovani, come si rileva dalle relazioni di presentazione delle attività.
E’ un segnale di sensibilità alla situazione nazionale in ambito culturale e scolastico.
E’ un segnale anche la realizzazione della mostra pittorica, progettata nel 1968, in memoria dell’oleggese Paolo Bruni e allestita nelle sale comunali di rappresentanza, la proposta della nuova edizione aggiornata e ampliata di “Oleggio memorie”, libro stampato nel 1924, e la visita guidata, per le classi delle scuole elementari e medie alla basilica di San Michele. Questo per sottolineare l’attenzione sia per la raccolta degli oggetti destinati all’allestimento museale, sia per la documentazione della storia e delle attività dell’uomo.

Negli stessi anni è nominato parroco della chiesa dei Santi Pietro e Paolo, padre Augusto Mozzetti, missionario del Sacro Cuore di Gesù, che istituisce il Museo d’arte religiosa negli oratori delle Confraternite oleggesi, oramai in estinzione.
E’ una situazione ben favorevole alla valorizzazione della storia e dell’arte locale.
Nei verbali dei Consigli di Biblioteca è annotato che “…si è continuata la raccolta riguardante il dialetto oleggese… è stato predisposto un locale da adibire a sezione di storia oleggese”

Nel 1968 l’attività della Biblioteca si consolida, “la raccolta del materiale per il Museo è abbastanza proficua grazie all’interessamento dei sigg. Palestrini, Caroli, Bellini, De Marzo, Sorelle Minoli, Biscaldi, Bruni e Bottazzi”.
Vi sono opere depositate da enti di beneficenza, come le nove grandi tele dipinte raffiguranti i benefattori dell’Ospedale civile oleggese e donazioni da privati, come quella della famiglia Negri da Oleggio, comprensiva di quadri e libri, che sostiene costantemente l’iniziativa.

Domenica 5 ottobre 1969 viene aperta al pubblico la “Mostra permanente di Ricordi e Cimeli locali”, definizione mantenuta per anni, da Carlo G. Fanchini, per il primo nucleo del Museo oleggese.
Nei verbali della Biblioteca civica è citato il registro delle donazioni per tale esposizione con l’elencazione di 350 pezzi e per l’occasione, nelle sale della Biblioteca, vennero esposti alcuni volumi sul dialetto oleggese, e albums di immagini riguardanti la storia locale.
Inoltre era allestita una mostra di bozzetti e disegni di Rina Palestrini, Antonio Cappellan e del pretore, avv. Zucco.
Gli albums di fotografie e i volumi manoscritti citati sono ora conservati nell’Archivio storico del Museo e, i dipinti della maestra Palestrini raffiguranti gli angoli caratteristici di Oleggio, sono ora esposti nella Direzione dell’Asilo Infantile, al primo piano.

Dal 1970 è nominato presidente della Biblioteca il dott. Luciano Apostolo, e Carlo Giacomo Fanchini si può così dedicare completamente allo sviluppo della realizzazione della sezione “Cimeli e Ricordi locali”.
Si propone di “continuare l’opera di recupero, di restauro e di adeguata sistemazione dei quadri dei benefattori delle istituzioni locali; di allestire periodiche mostre di arte contemporanea e per bambini delle elementari; di affrontare, con la collaborazione della Parrocchia, una mostra d’arte sacra del Seicento e del Settecento, unendovi anche un’esposizione di ex-voto; di interessarsi per il recupero degli affreschi di particolare fattura e importanza locale, che stanno scomparendo; lavorare a fondo per un’estensione del Museo di Ricordi e Cimeli locali che sta arricchendosi continuamente”.

Il piano del programma è di ampio respiro ed è aggiornato e attento alle trasformazioni in atto in ambito culturale e museale che stanno avvenendo a livello nazionale.
A questo scopo Fanchini chiede all’Amministrazione comunale l’utilizzo dei locali siti al piano terreno, nell’ala di levante di Villa Trolliet, da molti anni inutilizzati, ma limitrofi alla sede della Biblioteca comunale.

Antico desco da calzolaioAll’attività di raccolta e di registrazione delle testimonianze dalle tradizioni, è abbinata la progettazione e la realizzazione degli spazi espositivi della nuova sede, con le relative vetrine progettate da Fanchini.
Nel frattempo viene inaugurata ufficialmente l’apertura del Museo Ricordi e Cimeli di Oleggio, il 10 ottobre 1974, come ente indipendente dalla Biblioteca, anche se ne rimarrà strettamente collegato.
La commissione di gestione del Museo è presieduta dal presidente, dott. Pio Cerutti, e dal direttore, lo stesso Carlo Giacomo Fanchini, ed è composta da n.11 consiglieri.

La sede, nonostante gli ampi locali, si rivelò insufficiente per spazio. Villa Trolliet, in origine, era il convento dei frati cappuccini con la chiesa di San Carlo, eretti nel 1610, venne requisito dal governo francese e dallo stesso venduto nel 1810 dal Demanio al dottore fisico Pietro Paganini, che lo trasformò in Istituto balneo sanitario.
Dopo la morte di Paganini, nel 1839, venne acquistato da famiglie oleggesi per impiantarvi l’attività di filanda serica, sino all’acquisto da parte di Giulio Trolliet che donò l’immobile al comune di Milano.
Il trasferimento nei locali del primo piano del Palazzo dell’Asilo Infantile, ha permesso di valorizzare l’idea di Museo oleggese, come era nelle intenzioni del fondatore, e che si è tradotta in idea vincente, secondo il dettagliato progetto firmato da Fanchini e datato 1978.

Nel progetto ogni ambiente e particolare è studiato e proposto dettagliatamente, senza lasciare spazio all’improvvisazione.
Al 1980 risale la ricostruzione degli ambienti domestici: la cucina, la camera da letto e il salotto dei primi anni del ‘900, e quella dell’aula scolastica, oltre all’ampia esposizione del materiale, che sarà integrato dopo il 1984. Dal 1982 è nominato direttore Gaudenzio Miranda, già sindaco di Oleggio, che ha contribuito all’incremento della sezione mestieri, come la galleria occidentale del piano terreno e alla raccolta di ulteriori pezzi.

Con il 1996 è stato approvato il nuovo regolamento del Museo civico, rinnovato il Consiglio direttivo e la Direzione del Museo, con scelte culturali finalizzate al potenziamento della didattica sperimentale e alla creazione della sezione archeologica.
L’attività didattica è proposta come uno dei percorsi della divulgazione della ricerca scientifica.
Una attenzione particolare è ora riservata alle visite guidate e ai laboratori per adulti e per studenti, organizzati in percorsi articolati per fasce d’età e con tematiche da collegare alla programmazione scolastica.
Con la sezione didattica etnografica e archeologica è stato realizzato un percorso tattile per vedenti e non vedenti. Il tutto è condotto da guide volontarie secondo un progetto finanziato dalla Regione Piemonte.
Uno degli obiettivi da raggiungere è un museo come strumento didattico. Non la visita eccezionale in museo, ma la frequentazione programmata durante l’anno scolastico, per integrare le lezioni dei docenti e l’utilizzo dei sussidi didattici.
A supporto delle visite, con o senza accompagnamento in alcune sezioni, si propongono mostre, attività di laboratori, dispense, la consultazione dell’inventario al computer.
Sono stati elaborati fascicoli con proposte tematiche, rielaborate in relazione agli oggetti esposti in Museo, schede di lavoro e indicazioni bibliografiche per gli approfondimenti.

L’inventario dell’Archivio storico è stato ultimato con la supervisione di specialisti specifici.
L’inventario generale è stato il primo passo per conoscere la consistenza, numerica e qualitativa, delle collezioni e delle singole donazioni; è seguita la documentazione delle varie donazioni per ricostruire la storia degli oggetti e ricondurli non solo alla funzione originaria, ma anche al contesto di provenienza.
Dall’oggetto isolato, decontestualizzato in museo, si rimanda all’ambiente per il quale era stato realizzato, dall’ambiente ricostruito si rimanda al contesto ambientale più ampio e, di conseguenza, al territorio di provenienza.
Da ciò il suggerimento di percorsi da seguire all’interno del Museo civico archeologico oleggese e la prosecuzione dell’itinerario all’esterno dell’ambito museale, per conoscere il territorio e, con esso le emergenze culturali, favorendo la promozione turistica.
L’abbinamento turismo e cultura pare saper promuovere una frequentazione maggiore degli spazi culturali oleggesi.

I numerosi oggetti e la varietà dei mestieri documentati nell’esposizione oleggese permettono ampie possibilità di aggancio con la programmazione scolastica, dalla scuola materna alla ricerca universitaria, quest’ultima soprattutto attraverso l’archivio storico.